Sono stati tre anni burrascosi per la logistica e i trasporti internazionali, e tutte le nazioni hanno dovuto fare i conti con la crisi scaturita dalla pandemia prima e dalla guerra poi, Italia compresa.

A impensierire i professionisti delle spedizioni con base in Italia e le società di ricerca era in particolare la situazione del trasporto marittimo e i suoi probabili sviluppi.

Questo perché l’Italia basa una grossa parte del commercio internazionale sulle spedizioni via mare: ben il 39% dell’import-export avviene via nave e il valore di questi traffici raggiunge i 377 miliardi di euro.

Senza contare che il 76% delle esportazioni via mare coinvolgono le principali categorie di merci in uscita dall’Italia: alimentari e bevande, prodotti raffinati, prodotti chimici, macchinari e mezzi di trasporto.

Dati alla mano che servono a sottolineare il disagio e i rischi per l’economia sperimentati a partire dal 2020, un momento cupo dal quale l’Italia sta uscendo, come vedremo.

 

Il binomio pandemia-guerra e l’instabilità del settore spedizioni

All’indomani dello scoppio della pandemia di COVID-19 il settore logistica e spedizioni ha vissuto una escalation di rincari e ritardi. L’attività dei porti è rallentata al punto da causare una congestione dei container e una riduzione dello spazio disponibile per nuove merci.

A questa situazione in Italia si è aggiunta, nel 2021, l’ondata di proteste degli operatori portuali a partire dal porto di Trieste.

Tra gennaio e febbraio 2022 le restrizioni pandemiche sono diventate un po’ meno severe permettendo di gestire i ritardi e la congestione della catena di approvvigionamento, ma in quel momento è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina.

Il conflitto ha contribuito all’instabilità vissuta dalla supply chain e causato il rialzo dei noli delle rotte limitrofe ai territori interessati; per esempio le navi cargo che trasportavano cereali passando dal Mar Nero.

 

Nuovi dati promettenti dal centro Srm e Assoporti

La buona notizia è che nonostante le vicissitudini i porti italiani stanno crescendo. Lo dimostra la ricerca relativa al 2022 condotta dal centro studi Srm e da Assoporti.

Per prima cosa, nel 2022 i porti italiani hanno movimentato oltre 490 milioni di tonnellate di merci, che equivale a una crescita rispetto al 2021 del 1,9%.

Si è visto anche che c’era una discreta varietà delle merci movimentate, confermando che il sistema portuale dell’Italia è multi-purpose. I nostri scali hanno gestito:

  • rinfuse liquide per 169 milioni di tonnellate;
  • Ro-Ro per 120,9 milioni;
  • container per 119,5 milioni;
  • rinfuse solide per 61,1 milioni;
  • altre merci per 19,7 milioni.

Altro fatto da sottolineare è che il sistema portuale italiano ha prosperato anche rispetto alle altre zone geografiche. Prendiamo ad esempio il settore container: nel 2022 c’è stato un incremento del 1,3%, da paragonare alle flessioni registrate dai competitor nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nella Northern range, cioè l’arco portuale che parte dalla foce della Senna e termina con la foce dell’Elba.

Per concludere, quattro porti italiani sono inclusi nella Top 15 del Mediterraneo, mostrando che è migliorata la connettività marittima dei nostri scali.

Riferendosi ai risultati della ricerca, il presidente di Assoporti Rodolfo Giampieri ha commentato dicendo che il mondo sta vivendo una profonda trasformazione, e in questa fase i porti possono avere un ruolo sempre più strategico e centrale per lo sviluppo italiano.

 

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